Un tempo, ai primi freddi il norcino girava di cascina in cascina per uccidere il maiale e preparare i salumi,aiutato dagli uomini che tagliavano e impastavano la carne,dalle donne che tagliavano e cucivano le budella e dai vecchi che curavano il fuoco e raccontavano dei maiali degli anni passati...
Nonostante l’avanzata dei cibi transgenici, sorbiti nei vari fastfood, la preparazione dei derivati del maiale è ancora molto praticata in provincia di Brescia e rappresenta una festa, nella quale accanto al protagonista el sì (il maiale) la parte principale è svolta dal norcino (masadúr), così chiamato perché la tradizione vuole che i migliori provenissero da Norcia.
Il norcino è colui che macella il maiale e si occupa di lavorarne le carni. Può anche riferirsi al gestore della norcineria, ovvero la bottega dove si preparano e si vendono tutti i prodotti derivati dalla lavorazione delle carni di maiale. Questo termine non è molto conosciuto nel bresciano, dove questa figura ha diversi nomi che variano in funzione della influenza dialettale locale (masadur, copa sì). I termini norcino e norcineria sono di recente introduzione e diffusione tramite la carta stampata e i vari programmi televisivi che hanno rappresentato e illustrato questo operatore e il suo mestiere in tutte le sue sfaccettature, ed essendo i due termini in lingua italiana che meglio rappresentano questa figura e il suo lavoro sono stati adottati su tutto il territorio italiano compresa la provincia di Brescia.
I norcini erano già conosciuti nell'antica Roma come esperti nell'arte di castrare i porci e lavorarne le carni. Avevano una notevole abilità manuale che li rendeva idonei anche a piccoli interventi quali incidere ascessi o cavare denti o steccare qualche frattura. Alcuni di essi dimostrarono anche notevoli capacità tecniche che li spinsero a interventi maggiori, quali asportazione di tumori o interventi per ernia e per cataratta, e furono anche molto richiesti per la castrazione dei bambini che dovevano essere avviati alla carriera lirica o teatrale come voci bianche, ma naturalmente ciò non poté evitare la scarsa considerazione di cui godettero in campo medico.
In epoca medioevale il termine norcino fu adoperato in senso dispregiativo per indicare una delle figure minori che si erano sostituite a quella del chirurgo. Il norcino, infatti, insieme al cerusico, al cava-denti, al concia-osse costituì (spesso riunendole in sé) quel gruppo di figure di ambulanti che in giro per i villaggi e per le campagne si prestavano a praticare piccoli interventi chirurgici. Era l'epoca in cui la Chiesa osteggiava ogni attività cruenta (relativamente all'aspetto medico) perché era stato sancito in alcuni Concili che Ecclesia abhorret a sanguine.
Dal XII al XVII sec. ci fu un forte sviluppo dei mestieri legati alla trasformazione di carni suine, e fra questi si affacciò la figura del norcino. Col tempo tali professionisti iniziarono ad organizzarsi in corporazioni o confraternite, andando a ricoprire importanti ruoli all’interno della società e creando nuovi prodotti di salumeria. A Bologna esisteva la Corporazione dei Salaroli, mentre nella Firenze De Medici nacque la Compagnia dei facchini di S.Giovanni decollato della nazione norcina. Papa Paolo V, con bolla del 1615, riconobbe addirittura la Confraternita norcina dedicata ai santi Benedetto e Scolastica. Otto anni più tardi papa Gregorio XV elevò questa associazione ad Arciconfraternita, alla quale nel 1677 aderì anche l’Università dei pizzicaroli norcini e casciani, e dei medici empirici norcini. Laureati, benedetti e patentati, i norcini accrebbero la fama in varie parti della penisola. La comunità più numerosa di norcini è stata quella di Roma: oltre la sua associazione civile istituita nel 1623, si espresse nel suo radicato fondamento religioso che si identificò in due chiese di singolare rilievo, S. Maria dell’Orto eretta nel 1566 cui i norcini parteciparono con altre consorterie e quella dei Santi Benedetto e Scolastica alla Argentina che ufficialmente è stata la chiesa regionale dei nursini.
Curiosa è la figura teatrale del Norcino, il personaggio ha anche avuto una significativa dimensione, la cui icona scopriamo essere stata propria della grande Commedia dell'Arte italiana, al pari di Pulcinella, Arlecchino ed altre. La maschera del Norcino viene citata anche in opere recenti quali: Mos Maiorum - il costume degli avi in Valnerina attraverso l'analisi degli eventi stagionali (Pierluigi Valesini, Nova Eliografica Snc, Spoleto, 2004) e Il Norcino in scena.
Da macellatore di suini a castratore di fanciulli. Da cavadenti a chirurgo. Da ciarlatano a maschera teatrale. (Cruciano Gianfranco, Quattroemme Ed. Perugia, 1995).Nel bresciano, la loro abilità nella macellazione e trasformazione delle carni divenne a poco a poco un vero mestiere, espletato da esperti norcini, chiamati in dialetto masadur. La loro attività era solamente stagionale, allorchè nei mesi invernali scendevano dalle zone montane recandosi a casa dei vari committenti per macellare i maiali e lavorarne le carni, su compenso. La figura del norcino ha mantenuto intatta la propria fama fino a dopo la seconda Guerra Mondiale (anni 60) quando la lavorazione locale delle carni salate ed insaccata iniziò ad assumere una connotazione semindustriale, crescendo nel corso degli anni, fino a giungere alla realtà odierna, rappresentata da numerose aziende dislocate su tutto il territorio. Al riguardo, la Associazione norcini bresciani con sede in Rovato (BS) ha come missione la tutela e il recupero del mestiere del masadur e lo fa prevalentemente organizzando ogni anno un corso di formazione per nuovi norcini.
qualche foto dei nostri norcini in azione e...con la mascotte Francy
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